Presentato come l’evento in cui rilanciare l’Africa discutendo dei suoi giovani, che rappresentano più della metà della loro popolazione, il Summit di Abidjan si è rivelato essere l’ennesima tappa del processo di esternalizzazione.
Al centro della discussione, ancora una volta la migrazione, nella sua pericolosa correlazione con lo sviluppo. L’incontro è stato infatti l’occasione di formalizzare un nuovo fondo (il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile) che prevede un’evoluzione rispetto al Fondo Fiduciario, già ampiamente criticato. Oltre alla provenienza del budget, principalmente da risorse che dovrebbero essere destinate allo sviluppo e che vengono dirottate al controllo, si introduce l’elemento degli investimenti. Un budget di più di 5 miliardi di euro gestito dalla Banca Europea di Investimento come fondo di garanzia che agevola l’investimento delle imprese europee in Africa. Investimento che, nella logica europea, dovrebbe creare sviluppo, con un effetto moltiplicatore, e quindi ridurre le partenze. La traduzione europea del nostrano Migration Compact. Risulta evidente che in questo mondo si risponde a due interessi europei: ridurre la migrazione e aprire il mercato africano alle nostre imprese. Poco è detto sulla come le imprese dovrebbero operare, rischiando quindi di creare ulteriori situazioni di pauperizzazione e esproprio delle risorse e terre africane in nome della lotta alla migrazione.
Stessa ipocrisia caratterizza il dialogo sulla Libia. Scioccati dalle immagini di schiavitù e violenze, i paesi Africani hanno imposto un dialogo su possibili soluzioni per contrastare queste sistematiche pratiche disumane. La sola soluzione proposta: un piano di evacuazione dalla Libia verso i paesi d’origine. Un piano di evacuazione irrealizzabile, data l’accesso limitatissimo delle organizzazioni internazionali nelle decine di luoghi di detenzioni sparsi nel territorio libico gestiti dalle varie milizie. Irrealizzabile anche per l’assenza di solidarietà degli Stati Europei che rivendicano l’evacuazione dalla Libia ma che di fatto non aprono vie legali di accesso, né per i rifugiati, ne tanto meno per i migranti. Un piano di evacuazione che resta nella continuità della logica dell’esternalizzazione: eliminare i flussi nella rotta del Mediterraneo Centrale. Si nega, per l’ennesima volta, la responsabilità del Governo Italiano e delle istituzioni europee, nella tragica situazione in cui è oggi caduta la Libia. Una situazione causata dal dialogo rafforzato con milizie e tribù portato avanti dal nostro paese e dal rafforzamento della sedicente Guardia Costiera Libica grazie agli ingenti fondi europei.
Con Abijian, L’Europa ha mancato un’occasione. Quella di avere un dialogo sincero con l’Africa. L’Europa ha deciso che la priorità é quella della lotta alla migrazione e l’apertura del mercato africano. Costi quel che costi. Nonostante il prezzo, risulta sempre più evidente, sia quello della vita di centinaia di uomini, donne e bambini in fuga.