La conferenza stampa di presentazione della selezione ufficiale di Cannes è sempre un momento cruciale nella valutazione dello stato dell’arte di quella peculiare industria creativa che è quella cinematografica.
Raramente delude ed è così anche per questa 72esima edizione. Riveriti maestri, autori in ascesa e la speranza, di solito ben riposta, di piacevoli scoperte. Dovrà essere l’anno della riscossa, dopo che la scorsa edizione aveva fatto parlare di sé più per la querelle Netflix’(che nel 2019 non ha sottoposto titoli per il concorso) che per la qualità dei film in competizione.
Partiamo dalle perplessità, peraltro del tutto legate al mio gusto personale. Ciò premesso, confesso di non avere alcuna curiosità di vedere il nuovo film di Almodovar. Né, sia detto con tutto il dovuto rispetto, quello di Bellocchio, reduce da Fai bei sogni che segna uno dei punti più bassi della sua carriera. La nuova opera di Ken Loach è come se l’avessi già vista. Anche i fratelli Dardenne, due volte trionfatori a Cannes, sono reduci dal loro film più debole (La ragazza senza nome). Su Terrence Malick, che mi ha tediato con i suoi ultimi 4 film, ripongo qualche aspettativa, il soggetto è intrigante e fortunatamente lontanissimo dalle elucubrazioni senili new age a cui ci stava abituando, senza considerare che sarà l’ultima volta che vedremo Bruno Ganz sullo schermo. Ma anche autori più giovani sono chiamati a un pronto riscatto. È il caso di Xavier Dolan, dopo il primo flop della sua fulminante carriera, The death and life of John F. Donovan, ancora inedito in Italia, o di Bong Joon-ho, del quale non ho digerito lo zuccheroso Okja.
Le mie speranze sono allora riposte sull’austriaca Jessica Hausner, a 5 anni dal bellissimo Lourdes. E sul rumeno Corneliu Porumboiu, autore dell’indimenticato Politist, adjectiv. E ancora sul tocco sensibile di Céline Sciamma, nonché sul ritorno del palestinese Elia Suleiman, che si è preso un decennio di tempo per girare il successore de Il tempo che ci rimane. Ma per un tocco di sana visionarietà, temo sarà necessario rifugiarsi nella sezione collaterale Un certain regard, che ospita due irregolari cronici come il catalano Albert Serra e il filosofo francese prestato al cinema Bruno Dumont. Al netto del fatto che non sia ancora stato annunciato Once upon a time in Hollywood di Tarantino (il film esce a luglio negli USA, quindi è impossibile che non abbia uno slot prenotato per Cannes), ci sono implicitamente buone notizie per Venezia: nessuna traccia sulla Croisette di autori con film in post-produzione quali Kelly Reichardt, Greta Gerwig, Pablo Larrain, Robert Eggers, Hirokazu Kore-eda, Martin Scorsese.