In fuga dall’Ucraina | Diario di viaggio della missione Arci/Arcs pt.2
Nel nostro secondo giorno a Varsavia, incontriamo la Fondazione Our Choice, fondata nel 2009 da un gruppo di migrant* ucrain* che in Polonia hanno aperto la Ukrainski Dom (Casa Ucraina), non lontano dalla statua di Zamenhof, oculista polacco di origine ebraica inventore dell’Esperanto.
La casa è uno spazio di incontro e supporto per i/le migrant* ucrain* e non solo, che all’indomani dello scoppio del conflitto si è trasformato in uno spazio di accoglienza e risposta alla crisi per le persone in fuga. Le stanze si affollano di persone che vengono accolte con cibo e bevande calde e vengono indirizzate ai vari tavoli dove i tanti nuovi volontari e volontarie della fondazione forniscono informazioni e sostegno. Nelle stanze del piano superiore, prima utilizzate per i corsi di lingua e formazione, si trovano i/le volontar* che rispondono all’infoline creata all’indomani dello scoppio della pandemia e ora intasata di richieste di aiuto per cercare alloggi, trasporti o anche semplicemente una voce rassicurante che parli la loro stessa lingua.
La Direttrice Myroslava Keryk, visibilmente contesa tra i nuovi e vecchi collaboratori e collaboratrici, ci restituisce subito un quadro delle attività che la Fondazione sta portando avanti, a partire dai bisogni che emergono quotidianamente: nei primi giorni dallo scoppio della guerra più di 1000 famiglie hanno ricevuto un alloggio, seppur provvisorio, in cui trovare rifugio in città.
La casa, infatti, è diventata un punto di riferimento importante anche per quelle persone che spontaneamente mostrano solidarietà offrendo il loro aiuto. L’infoline riceve più di 2000 chiamate al giorno: ora è attiva dalle 9 alle 21, ma nei primi giorni rispondeva h24 fornendo consigli sull’attraversamento del confine e sui servizi di supporto disponibili su tutto il territorio nazionale.
Grazie al lavoro di rete con altre associazioni, la Casa offre anche supporto legale, ad esempio circa la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno in Polonia. Infatti, la situazione delle persone ucraine, ci raccontano Myra e Ben, prima del 24 febbraio era estremamente precaria: nonostante fosse relativamente facile entrare e lavorare nel breve periodo, era ben più difficile ottenere un permesso di residenza, un lavoro più qualificato e prospettive di integrazione.
Con lo Special Act del 12 marzo 2022 il governo polacco ha finalmente garantito agli/alle ucrain* pressoché uguali diritti rispetto ai/alle propr* cittadin*. Tuttavia, i rifugiati e le rifugiate di altre nazionalità precedentemente accolte e riconosciute in Ucraina – così come gli/le altr* stranier* residenti – sono stati esclusi da questo provvedimento. D’altronde, come sottolinea amaramente Myra, l’attuale governo polacco è sempre stato dichiaratamente ostile ai/alle rifugiat*: lo dimostrano i recenti e feroci respingimenti (soprattutto di persone afgane, irachene, siriane e yemenite) al confine con la Bielorussia. Myra conclude il nostro incontro ricordandoci l’importanza di impegnarsi a favore del giusto riconoscimento delle qualifiche delle persone ucraine che verranno accolte in Italia, al di là dello stereotipo della lavoratrice domestica – “badante”, l’unico termine in italiano che ha utilizzato nel nostro confronto.
Grazie ai fondi che Arci e Arcs stanno raccogliendo tramite la campagna “In fuga dall’Ucraina”, la Ukrainski Dom potrà rafforzare i servizi introdotti con lo scoppio della crisi umanitaria e mettere in campo nuovi interventi di supporto psico-sociale ed educativi per favorire una maggiore inclusione di donne e bambini.