Susanna Marietti, coordinatrice nazionale associazione Antigone
La riforma penitenziaria, che nello scorso Consiglio dei Ministri ha fatto un ulteriore importante passo avanti, sarebbe uno svuota-carceri per le solite retoriche della paura di massa. Eppure quella riforma non svuoterà proprio nulla e si limiterà a fare piccoli passi verso un modello di pena più in linea con il dettato costituzionale.
Bisogna invece costruire nuove carceri, è il mantra di Salvini e di tutti coloro che lo hanno preceduto ai vertici del suo partito e delle sue alleanze. È questa davvero un’esigenza dell’Italia? Aspirare a che il tasso di detenzione di Paesi europei quali il nostro divenga incontrollabile come quello statunitense appare folle da molti punti di vista, mentre ridurre l’ambito delle misure extracarcerarie a favore della detenzione lo è quanto meno da quello della recidiva, che il carcere aumenta rispetto alle misure alternative. Forse, dunque, costruire nuove carceri potrebbe non essere la priorità per i cittadini. Perché, si badi bene, nuove carceri e nuove detenzioni costano assai. E le paghiamo con le nostre tasche. Quindi, prima di innamorarci del progetto, assicuriamoci che sia davvero pensato per noi e non per qualcun altro che possa guadagnarci privatamente, come già accaduto in passato.
Quando il Ministero della Giustizia era governato dalla Lega, l’allora ministro Roberto Castelli cantò a gran voce il solito refrain: vanno costruite nuove prigioni. Lancia in resta, annunciò un corposo piano di edilizia penitenziaria. A capo del Governo c’era Berlusconi. Nel luglio 2003 Castelli presentò una sua creazione che doveva servire allo scopo: la società Dike Aedifica s.p.a. Anche questa costituita con i soldi delle nostre tasche. Il piano di edilizia avrebbe fatto paura a qualsiasi bravo padre di famiglia. Per costruire un nuovo carcere a Varese stanziava 43 milioni di euro, per costruirne uno a Pordenone stanziava 32 milioni, per ristrutturazioni e ampliamenti altre cifre non indifferenti. Ma, state tranquilli, nulla di tutto questo avvenne. I soldi pubblici della Dike Aedifica finirono distribuiti tra i vari amministratori che costituivano la struttura e non fu posato mai neanche un mattone. La Dike Aedifica era una società fantasma. Nel 2006 il consiglio di amministrazione si era riunito un’unica volta. Lungo la sua breve vita, i vari collaboratori hanno intascato, per non fare niente, 1.094.435 euro, pari all’87% delle perdite complessive della Spa. La Corte dei Conti non rimase indifferente all’operazione e agli sprechi. La società fu liquidata nel giugno del 2007 (e perfino liquidarla costò 30mila euro di compenso al liquidatore).
Nel 2010 fu Berlusconi a riproporre un faraonico piano carceri. Anche qui, costi stratosferici sulle nostre spalle. Anche qui, fortunatamente, nulla di fatto. Vogliamo dunque convincerci che le misure alternative al carcere – che costano tanto meno e che pagano tanto di più in termini di abbattimento della recidiva e dunque di sicurezza per i cittadini – sono quelle che convengono a noi, mentre i vari piani di edilizia penitenziaria convengono solo ai costruttori e ai traffichini?