Non è facile raccontare Tom Benetollo, calandolo nella realtà che stiamo vivendo. Avverto quanto sia rischioso riannodare il filo di questi vent’anni dalla sua scomparsa e di quanto questo possa far emergere un tratto retorico capace di ossidare tutto, compreso il senso genuino della parola mancanza. Oltre alle risate e serate divertenti al Meeting Antirazzista di Cecina, oltre alla sua grande capacità di farci guardare un orizzonte oltre il nostro naso, oltre all’incredibile forza di questo omone alto, grande e grosso ma mai minaccioso, sempre con la valigia in mano, a noi manca l’uomo, l’amico, il compagno capace tra le altre cose di rassicurarci, di smorzare la tensione, di intravedere sempre una via d’uscita anche nelle situazioni più difficili.
Ma c’è una cosa che abbiamo condiviso con Eva e Gabriele in primis e poi con tutta l’Arci per questo ventennale, rifuggire da tutto ciò che potrebbe apparire polveroso e stantio tenendo fede ad una sua celebre frase: «Arrendersi al presente è il modo peggiore per costruire il futuro». E senza peccare di retorica, vorrei condividere il senso della mancanza che in tante e tanti abbiamo vissuto da quel giugno di vent’anni fa. Una mancanza che spesso si è mascherata dietro quelle domande senza risposte: «Che avrebbe detto Tom? Che avrebbe fatto Tom?». Domande senza risposte certe che alla fine servivano a riportare i nostri pensieri a quell’Arci della fine degli anni ‘90 e i primi 2000 che abbiamo vissuto e di cui ci siamo sentiti tutte e tutti protagonisti e responsabili.
Quelle domande sono state anche lo specchio di paure, solitudine, difficoltà, ma il richiamo di una stagione grande che doveva ritornare per farci sentire «dalla parte giusta della vita» è sempre stato più forte. E così oggi ci sentiamo nuovamente in quel solco che Tom, Giampiero Rasimelli, Raffaella Bolini, Daniele Lorenzi e tutto il gruppo dirigente di allora tracciarono con una forza e una lungimiranza incredibili. Dunque non è stato difficile riposizionarci con credibilità dentro quella faglia pacifista e internazionalista, che continua a battersi per la supremazia della diplomazia e del diritto internazionale, che difende la Costituzione sempre, articolo 11 compreso, che non ha paura delle etichette mainstream affibbiate per violentare le storie, la memoria e i valori di individui e collettivi solo perché chiama con il proprio nome lo sterminio di un popolo, in barba a qualsiasi risoluzione internazionale. Così come rifiuta, dai tempi della legge Turco-Napolitano e poi della Bossi-Fini, questa idea che nel mondo esistano uomini e donne diversi, alcuni con più diritti degli altri e altri costretti a soccombere per garantire ai primi privilegi e prosperità.
Il tratto più significativo di questa giornata sarà che mentre in tantissimi ricorderemo festeggiando il nostro – per sempre – presidente nazionale, diversi di noi saranno a Fiumicino ad accogliere un nuovo aereo proveniente dal Pakistan con a bordo famiglie afghane in fuga dopo l’estate del 2021. I famosi corridoi umanitari che continuano a dare speranza nel silenzio più totale, a donne e uomini in fuga dai talebani.
Siamo convinti che ci sia bisogno di più Arci nei territori, garantendo cultura, socialità, solidarietà, presidio del territorio e rifugio per quanti si sentano esclusi o soli, non dimenticando mai l’esercizio della democrazia come pratica quotidiana del nostro essere associazione, una pratica che è al tempo stesso educazione civica continua e politica da cui non rifuggiamo più ma pratichiamo con orgoglio e autonomia. Tom sarà per sempre il presidente dell’Arci. Non solo per l’affetto e la riconoscenza che pure c’è ed è tantissima, ma perché l’Arci che vedete oggi è in gran parte merito delle sue intuizioni e del lavoro del gruppo dirigente che lo ha accompagnato in quegli anni, che lo ha sostenuto, che ne ha praticato uno stile unico e credibile, fondato sulla cura, l’incontro e la prossimità, la vicinanza anche fisica alle vertenze giuste in ogni angolo del nostro Paese, con l’azione dei suoi circoli e dei comitati, e nel mondo, praticando solidarietà e fratellanza.
Nel suo stile questa Arci rimane forte di una ritrosia atavica all’autoreferenzialità. Perché Tom era un leader senza essere un leader che è oggi il messaggio più rivoluzionario si possa dare a questa politica tutta concentrata sui leaderismi. Tom sarà dunque sempre il nostro presidente, il nostro lampadiere, la nostra guida in questa notte oscura verso un’alba di speranza e di rinascita. E questa è anche una promessa.