Un percorso partecipato per costruire la Pace
Dove, se non ad Assisi? E così è stato. A cento giorni dalla Marcia della Pace si è tenuto un importante incontro nazionale degli operatori di pace, ispirato dai Francescani del Sacro Convento, Rete della Pace, Tavola della Pace, Coordinamento nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, Coordinamento nazionale delle Scuole di Pace. Bella la discussione e molto partecipata: circa 60 persone in rappresentanza di una cinquantina di associazioni hanno preso la parola – nessuno escluso – per presentare le proprie attività, proposte e indicazioni dell’impegno per costruire percorsi di pace.
Non si pensi, tuttavia, a una riunione di ‘anime belle’ o di nostalgici dei ‘bei tempi andati’: gli operatori di pace erano lì a rappresentare una scelta politica e esistenziale, il loro ruolo consapevole e ancorato nell’oggi.
Non so in quante altre occasioni sotto le alte volte affrescate delle sale del Convento di San Francesco hanno riecheggiato discussioni più profondamente politiche, condensato di valori, competenze e pratiche. L’attuale crisi valoriale che sembra egemonizzare la nostra società, viene da lontano, prodotto di una politica incapace di affrontare il nodo strutturale del modello di sviluppo che produce dissesti ambientali, diseguaglianze sempre più marcate, concentrazione di potere nelle mani di sistemi economici e finanziari fuori da qualsiasi controllo democratico. Il percorso costruito nel secolo scorso, alla fine dell’ultima guerra mondiale, per la costruzione di un mondo governato dal diritto internazionale basato sui diritti umani fondamentali, accordi e convenzioni, è entrato invece in una pericolosa spirale di arretramento, soverchiato da nuove pulsioni sovraniste e dal primato dell’ideologia del libero mercato e della finanza speculativa. Il sistema di valori che accompagna l’azione politica degli operatori di pace non può che essere fondata su principi non negoziabili: il sistema del Diritto internazionale, la Dichiarazione universale e la Carta Europea dei diritti umani, la nostra Costituzione. L’agenda comune non può che ripartire da questo quadro di riferimento, per l’individuazione di priorità da tradurre in azioni e impegni concreti.
Tre le questioni fondamentali: unità di obiettivi, strategie e azioni attraverso la convergenza, la collaborazione, il reciproco riconoscimento; la dimensione politica che deve finalizzare il nostro impegno, per un effetto di cambiamento e di incidenza nella società; il riferimento alla dimensione globale, perché la difesa delle persone, i diritti umani, il disarmo, la giustizia economica e sociale, il lavoro dignitoso, si possono declinare solo in una visione globale.
La mobilitazione della Perugia-Assisi dovrà quindi avere tre forti riferimenti: chiedere al Governo italiano ed agli altri stati membri dell’Ue la ratifica del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari; rispettare la Legge 185/90 che proibisce la vendita di armi ai paesi in guerra e che violano i diritti umani (il caso della vendita di armi all’Arabia Saudita rappresenta una palese violazione di questa Legge e della nostra Costituzione); chiedere il rispetto delle convenzioni internazionali ed il dovere fondamentale ed inderogabile di salvare le vite in mare, di ripristinare un comportamento di umanità condivisa nei confronti di chi fugge da guerre e miseria.
Il nostro Paese dovrà inoltre dotarsi di strumenti previsti dalla normativa internazionale come l’Agenzia Nazionale Indipendente per i diritti umani così come riprendere e portare in discussione nell’attuale legislatura la proposta di legge Per la costituzione di un Dipartimento di difesa civile e nonviolenta sostenuta da oltre 50mila firme.
A partire da subito dovremmo pensare a una mobilitazione straordinaria per il 7 di ottobre, che parta dalle città e dalle comunità locali attraverso la costituzione di comitati di coordinamento aperti e unitari Verso la Marcia PerugiAssisi, che costituiranno un investimento e la base di lavoro comune per il ‘dopo’, per un impegno ed un’azione unitaria continua, che abbia come fondamento la dimensione locale, collegata ad una dimensione nazionale ed internazionale, per dare dimensione politica, partecipata e dal basso, alla nostra azione di costruzione di pace.
Questo percorso di convergenza ha bisogno di momenti, di spazi, di occasioni, di strumenti alla ricerca del comune interesse. Ci siamo tutti impegnati a incontrarci nuovamente, a scambiare informazioni, a collaborare e non a competere. Il percorso e l’organizzazione della Marcia della Pace è l’occasione ideale per mettere in pratica la disponibilità e gli appelli a ‘lavorare insieme’.